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LA TRANVIERA

Giovane, sorridente, capelli raccolti,

femminilità celata dalla divisa severa,

il piede nervoso scampanella, la mano

è sulla manovella e sul freno sbuffante

che effonde odore acre d'erba bruciata.

Apre le porte, guardando con serena

indulgenza l’utenza che si ammassa

in poco spazio, silente o brontolona,

accigliata o semplicemente distratta.

Richiude le porte, attenta a non pizzicare

nessuno, e talvolta le riapre per far salire

il solito fissato che s’affanna, rosso in viso

per la corsa matta, come se non potesse

perdere quest’ultimo tram per il paradiso.

S'avvia lentamente, manovrando con mano

leggera la poderosa macchina. Inverno

o primavera, in ogni stagione il suo mondo

è questo: rotaie, giocose scintille, e scambi,

grigi piccioni che si alzano in volo, riottosi,

all’ultimo momento, tappeti di auto colorate,

ombrelli aperti alle fermate, soste ai semafori

nei crocevia, rumori della città, che respira,

ansima, soffoca, riposa, mentre il sole sorge,

o tramonta, dietro sgraziate case di periferia.

Stephanie